Caso Bellini e Strage di Bologna: Una Condanna Che Lascia Aperte Molte Domande
di Carlo Maria Persano
Se avessi Facebook oggi, il mio post sarebbe più o meno questo:
Chiunque abbia militato o anche solo simpatizzato per Avanguardia Nazionale oggi è felice per la condanna di Paolo Bellini, perché può rappresentare l'inizio di un percorso verso la verità sulla strage di Bologna. Nessuno di Avanguardia Nazionale sa chi sia questo Bellini. Ma, a giudicare dal suo comportamento in aula, tutto lascia pensare che si tratti di un servitore dello Stato. E se davvero si vuole arrivare alla verità, allora si cerchino i suoi complici tra i suoi colleghi. Solo così potremo arrivare alla verità completa e definitiva.
Parole forti, certo. Ma dopo oltre quarant’anni di ombre e depistaggi, è tempo di fare luce senza esitazioni.
Chi è Paolo Bellini e perché è stato condannato?
Nel 2022, Paolo Bellini è stato condannato all'ergastolo per concorso nella strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che causò 85 morti e oltre 200 feriti. La condanna si basa in buona parte su un video amatoriale e testimonianze successive, che lo collocherebbero sul luogo dell’attentato. Eppure, Bellini ha avuto in passato rapporti ambigui con apparati dello Stato, come dimostrano le sue attività da infiltrato e i legami con settori deviati dei servizi segreti.
Nonostante il verdetto, resta una sensazione di parziale insoddisfazione. Per molti osservatori — storici, ex militanti, analisti — Bellini appare più come una pedina che come un regista.
L’ambiguità di una figura
Chi ha avuto esperienza diretta con l’ambiente della destra extraparlamentare italiana degli anni '70 e '80 — e in particolare con Avanguardia Nazionale — non ha memoria di un Bellini tra le fila. Né come militante, né come simpatizzante. È un nome estraneo, spuntato nei processi anni dopo, circondato da nebbie, operazioni di intelligence, e un curriculum che puzza di infiltrazione.
Il suo atteggiamento in aula, la sua reticenza, e il rifiuto sistematico di collaborare in modo chiaro e trasparente, rafforzano i sospetti: Bellini non è stato un "nostro". È stato, molto probabilmente, un "loro".
Una condanna utile a chi?
Il problema, oggi, non è tanto l’individuazione di un colpevole, ma la necessità di identificare tutti i livelli di responsabilità. Le vittime meritano una verità completa. E se Bellini è stato una pedina, chi ha mosso i fili?
Chiediamoci: perché proprio ora questa condanna? E soprattutto, perché la stampa e una parte della magistratura insistono così tanto sulla pista neofascista quando ci sono evidenze, documenti e testimonianze che puntano anche su altri ambienti, inclusi servizi segreti, gruppi eversivi eterodiretti, e interessi geopolitici inconfessabili?
Conclusione: la verità non può essere a metà
Una giustizia vera non si accontenta di un nome. Non si chiude con un ergastolo. Deve andare a fondo, smascherare i mandanti, fare i nomi scomodi. Non basta trovare un colpevole se non si trovano anche tutti i complici.
Se davvero si vuole arrivare alla verità sulla strage di Bologna, si cominci a indagare tra coloro che con Bellini hanno lavorato, operato, tramato. Tra chi lo ha protetto, chi lo ha utilizzato e poi scaricato. Solo così si potrà dire, finalmente, che la verità è stata ripristinata.
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